Caso di malasanità a Varese

 

Caso di malasanità a Varese: Responsabilità medica per lesioni iatrogene da colonscopia e decesso del paziente

La ricostruzione della vicenda clinica

La vicenda clinica valutata dal Tribunale di Milano (ordinanza del 14 luglio 2025) riguarda una lesione iatrogena causata da una procedura endoscopica che ha condotto al decesso della signora M.B.

Il 22 maggio 2018, la signora M.B. fu ricoverata presso il reparto di chirurgia generale dell’ospedale Multimedica di Castellanza per eseguire una colonscopia diagnostica. L’esame endoscopico, eseguito in sedazione profonda, aveva lo scopo di valutare una voluminosa formazione polipoide del retto.

Durante la procedura, l’operatore si limitava ad eseguire biopsie della lesione, ritenendo la formazione non asportabile per via endoscopica. La paziente veniva dimessa il giorno successivo, nonostante lamentasse dolori addominali, che il personale medico aveva definito come normali conseguenze della procedura.

Il 27 maggio 2018, a distanza di cinque giorni dalla colonscopia, la signora M.B. accedeva al pronto soccorso dell’ospedale di Legnano in condizioni critiche, accusando intensi dolori addominali.

Gli accertamenti diagnostici evidenziavano una perforazione intestinale post-colonscopica con peritonite stercoracea, rendendo necessario un intervento chirurgico d’urgenza di resezione del retto con colostomia temporanea.

La degenza presso l’ospedale di Legnano si protraeva per oltre cinque mesi ed era caratterizzata da multiple complicanze e reinterventi. Il 2 novembre 2018, dopo 160 giorni di ricovero, la signora M.B. decedeva per insufficienza multiorgano da sepsi incontrollabile.

L’accertamento tecnico e le conclusioni peritali

L’accertamento della responsabilità medica si è fondato sulla consulenza tecnica d’ufficio espletata nel procedimento ex art. 696-bis c.p.c., che ha rappresentato l’elemento probatorio decisivo per la ricostruzione della dinamica causale degli eventi.

Secondo la relazione peritale, la perforazione intestinale non venne immediatamente riconosciuta durante l’esame endoscopico e si manifestò clinicamente dopo circa cinque giorni. Per i consulenti nominati dal Tribunale si trattò di un danno iatrogeno diretto dello strumento operatore, configurando pertanto un atto censurabile per negligenza o imperizia e non già un’incolpevole complicanza.

Un aspetto particolarmente critico evidenziato dalla consulenza riguarda la scelta di eseguire la colonscopia in sedazione profonda. La sedazione profonda, eliminando sostanzialmente il sintomo dolore, privava l’endoscopista di un “campanello d’allarme” fondamentale, facilitando il prodursi di lesioni iatrogene.

I consulenti hanno inoltre identificato un secondo momento di censura nell’operato dei sanitari dell’ospedale di Legnano, consistente nella lesione iatrogena del digiuno ileale occorsa durante le manovre di viscerolisi nel secondo reintervento.

Il concorso di colpa e la responsabilità solidale

La consulenza tecnica ha individuato due distinti momenti di censura: la lesione iatrogena del sigma durante la colonscopia presso Multimedica e la lesione del digiuno durante il reintervento presso l’ospedale di Legnano.

Tuttavia, i consulenti hanno attribuito al primo evento un ruolo “preponderante” nel determinismo del decesso, pur riconoscendo una portata “non trascurabile, ancorché minoritaria” al secondo momento censurabile.

Il Tribunale di Milano ha affrontato la questione del concorso di colpa applicando i principi consolidati in materia di responsabilità solidale. Come stabilito dall’art. 2055 del codice civile, quando il fatto dannoso è imputabile a più persone, tutte sono obbligate in solido al risarcimento del danno, ferma restando la possibilità di regresso interno secondo la gravità delle rispettive colpe.

Nel caso in esame, il Tribunale ha ritenuto che la concatenazione degli interventi delle due strutture ospedaliere, con riferimento alla medesima patologia della paziente, consenta di individuare la sostanziale continuità medico-legale della vicenda clinica. Ciò comporta “una sorta di unicità dell’illecito” nella cui produzione i sanitari di Multimedica, corresponsabili in via prevalente dell’evento-danno, rispondono nei confronti dei familiari sopravvissuti per l’intero.

Questa soluzione giuridica trova fondamento nella giurisprudenza consolidata che, in presenza di responsabilità solidale, non ammette frazionamenti del quantum risarcitorio basati su criteri equitativi di ripartizione della responsabilità.

Come evidenziato nella sentenza della Corte d’Appello di Milano n. 3118/2024, la responsabilità per i danni cagionati da colpa deve essere ripartita secondo il criterio presuntivo degli articoli 1298 e 2055 del codice civile, salvo casi eccezionali di devianza inescusabilmente grave del sanitario.

Le lesioni iatrogene da colonscopia: profili di responsabilità

La colonscopia rappresenta una delle procedure endoscopiche più frequentemente eseguite in ambito gastroenterologico, sia a scopo diagnostico che terapeutico. Tuttavia, come ogni procedura invasiva, comporta rischi intrinseci che possono dar luogo a complicanze, tra cui la perforazione intestinale rappresenta una delle più temibili.

La giurisprudenza ha avuto modo di pronunciarsi in diverse occasioni sui profili di responsabilità medica connessi alle lesioni iatrogene da colonscopia, delineando principi consolidati in materia di onere probatorio e valutazione della colpa professionale. Come evidenziato nella sentenza del Tribunale di Messina n. 2107/2024, costituisce condotta negligente e imprudente l’interruzione dell’esame a seguito di forti dolori addominali del paziente senza procedere ad accertamenti tecnici per escludere la perforazione viscerale, quando tale complicanza sia espressamente indicata nel consenso informato come probabile evento avverso.

La responsabilità del medico endoscopista si estende anche alla fase post-operatoria, con obbligo di monitoraggio delle condizioni del paziente. Come chiarito dalla Cassazione penale, Sez. IV, n. 32242/2022, il medico che esegue una colonscopia assume una posizione di garanzia che si estende anche alla fase post-operatoria, con conseguente obbligo di sorveglianza particolarmente stringente qualora l’esame sia stato interrotto per difficoltà tecniche e il paziente manifesti dolori significativi.

Nel caso in esame, la perforazione intestinale non è stata immediatamente riconosciuta, manifestandosi clinicamente solo dopo cinque giorni. Questo elemento temporale ha assunto particolare rilevanza nella valutazione della colpa professionale, poiché la maggior parte delle perforazioni post-colonscopiche si manifesta entro 48 ore.

Tuttavia, i consulenti tecnici hanno escluso che si trattasse di una complicanza inevitabile, basandosi sulle caratteristiche morfologiche della lesione e sulle modalità di esecuzione dell’esame.

Il quadro normativo di riferimento

La disciplina della responsabilità sanitaria ha subìto significative modifiche negli ultimi anni, culminate con l’approvazione della legge n. 24 del 2017 (legge Gelli-Bianco), che ha ridefinito i rapporti tra strutture sanitarie, medici e pazienti. Tuttavia, nel caso in esame, trovando applicazione la disciplina previgente, la responsabilità si configura secondo i principi tradizionali del diritto civile.

L’art. 7 della legge n. 24/2017 stabilisce che la struttura sanitaria risponde, ai sensi degli articoli 1218 e 1228 del codice civile, delle condotte dolose o colpose degli esercenti la professione sanitaria di cui si avvale, anche se non dipendenti della struttura stessa.

Questo principio, pur non applicabile ratione temporis al caso Bestetti, riflette l’orientamento consolidato della giurisprudenza in materia di responsabilità contrattuale delle strutture sanitarie.

L’art. 8 della stessa legge ha inoltre introdotto l’obbligo del tentativo di conciliazione mediante ricorso ex art. 696-bis c.p.c. come condizione di procedibilità per le azioni di risarcimento del danno derivante da responsabilità sanitaria, procedimento che nel caso in esame è stato regolarmente espletato.

La quantificazione del danno

Un aspetto di particolare interesse della decisione riguarda la quantificazione del danno non patrimoniale, sia iure hereditario che iure proprio. Il Tribunale di Milano ha applicato criteri consolidati, distinguendo tra le diverse tipologie di pregiudizio subito.

Per quanto concerne il danno iure hereditario, i consulenti d’ufficio hanno individuato un periodo di invalidità permanente totale pari a 160 giorni, corrispondente al tempo intercorso tra la lesione iatrogena e il decesso della paziente.

Il Tribunale ha liquidato tale danno nella misura di € 18.400,00, escludendo tuttavia la configurabilità del cosiddetto danno catastrofale o terminale, non essendo stati allegati indizi certi e circostanziati della consapevolezza della paziente circa l’imminente fine.

Questa valutazione si discosta da orientamenti giurisprudenziali più recenti che, come evidenziato nella sentenza del Tribunale di Macerata n. 140/2025, riconoscono il danno catastrofale quando il paziente si trovi in una condizione di “lucida agonia”, ossia sia in grado di percepire la propria situazione e l’imminenza della morte.

Per il danno iure proprio da lesione del rapporto parentale, il Tribunale ha applicato le Tabelle del Tribunale di Milano “a punti” , in conformità ai principi stabiliti dalla Cassazione con la sentenza n. 10579/2021, riconoscendo agli stretti congiunti 541.000 euro.

Considerazioni conclusive

Il caso affrontato dai nostri legali rappresenta un esempio paradigmatico delle complesse problematiche che caratterizzano la responsabilità sanitaria per lesioni iatrogene da procedure endoscopiche. La vicenda evidenzia come la valutazione della colpa professionale non possa prescindere da un’analisi approfondita delle modalità di esecuzione dell’intervento, delle condizioni del paziente e delle misure precauzionali adottate.

La scelta di eseguire la colonscopia in sedazione profonda su una paziente vulnerabile, pur non costituendo di per sé una condotta censurabile, ha assunto nel caso specifico connotati di imprudenza, privando l’operatore di importanti segnali di allarme.

Il concorso di colpa tra le due strutture sanitarie ha posto questioni giuridiche complesse, risolte dal Tribunale attraverso l’applicazione dei principi consolidati in materia di responsabilità solidale.

La soluzione adottata, che vede Multimedica rispondere per l’intero nei confronti dei familiari della vittima, riflette l’orientamento giurisprudenziale che privilegia la tutela del danneggiato, rimettendo ai rapporti interni tra condebitori l’eventuale regresso.

La quantificazione del danno, infine, evidenzia l’evoluzione dei criteri di liquidazione del danno non patrimoniale, con l’adozione di sistemi tabellari sempre più sofisticati che consentono una valutazione più equa e uniforme dei pregiudizi subiti. Tuttavia, permangono margini di discrezionalità giudiziale, come dimostrato dalla diversa valutazione del danno catastrofale, che richiedono un’attenta ponderazione delle circostanze del caso concreto.

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Avv. Andrea F. Scaccabarozzi