La Corte di Appello di Bari (sentenza n. 20 del 11/1/2023) conferma il principio secondo cui il danno non patrimoniale subito dai congiunti di un deceduto è unitario.
Le diverse componenti del danno (biologico, la sofferenza morale soggettiva e l’aspetto dinamico-relazionale), non sono entità distinte ed incidono solo sulla quantificazione dello stesso.
Il Giudice dovrà valutare ogni voce, secondo il caso concreto, ma il risarcimento andrà liquidato e quantificato unitariamente, al fine di evitare duplicazioni risarcitorie. Il rischio, infatti, è quello di pagare più volte pregiudizi identici.
Le tabelle milanesi, riporta la Corte di Appello, nella definizione del quantum del risarcimento, pur indicando un minimo e un massimo non prevedono un minimo garantito per la liquidazione del danno che deriva dalla perdita parentale.
Sarà onere della parte dimostrare la prova concreta del danno subito. Le tabelle infatti esprimono un valore equo per una parità di trattamento, da applicare in tutti i casi in cui la fattispecie non presenti caratteristiche idonee ad aumentare o ridurre il valore.
La prova del danno da perdita parentale generalmente si fornisce mediante prove presuntive. Si presume, infatti, che la famiglia nucleare (genitori, coniuge e figli) subisca un danno dalla perdita di uno stretto congiunto. Più ci si allontana dal nucleo familiare, più la parte dovrà fornire la prova concreta del danno subito.
I parenti collaterali o le persone legate da rapporti affettivi non ufficiali, quindi, dovranno provare rigorosamente il danno, attraverso prove documentali e testimoniali.
La struttura ospedaliera od il medico citati in causa potranno sempre provare l’assenza del rapporto parentale (anche se si tratta spesso di “prova diabolica”, improbabile da fornire).
Cito il caso del figlio Tizio che evocava in giudizio una struttura ospedaliera e chiedeva il risarcimento per la morte del padre Caio ma, seppur accertato il nesso di causa tra l’errore medico e la morte, il Tribunale respingeva la domanda.
La struttura convenuta in giudizio ha dimostrato l’assoluta mancanza del rapporto parentale. Il figlio, infatti, non andava a trovare il padre, ricoverato in una struttura psichiatrica, da diversi anni.
Avv. Andrea F. Scaccabarozzi