INFEZIONI OSPEDALIERE: LA PROVA DEL DANNO

La Corte di Cassazione torna ad affrontare il problema della prova da fornire nei danni derivanti da infezioni ospedaliere, con la sentenza n. 6386 del 2023.

Il caso riguardava la morte di una paziente sopravvenuta per un’infezione nosocomiale da staphiloccoccus aureus.

Nonostante il trattamento con terapia antibiotica, la signora moriva in ospedale.

I parenti decidevano di agire nei confronti della struttura ospedaliera per un danno da perdita parentale, imputando ai sanitari dell’Ospedale una responsabilità medica per la contrazione del batterio che conduceva alla morte della paziente.

Il Tribunale e la Corte d’Appello di Milano rigettavano la domanda di risarcimento.

I Giudici, sia in primo che in secondo grado, affermavano come non fosse possibile stabilire con certezza la possibilità di sopravvivenza della paziente, anche se adeguatamente curata. 

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dei parenti della vittima affermando:

  1. come gli attori avessero soddisfatto l’onere della prova e cioè il fatto colposo, il pregiudizio conseguito e il relativo nesso eziolgico;
  2. che il criterio di giudizio utilizzato dal Tribunale e della Corte d’Appello di Milano fosse errato, in quanto fondato su un rapporto causa – effetto basato sulla certezza e non su un modello della probabilità logica del  “più probabile che non”.

Al fine di valutare la colpa medica, mentre il paziente deve provare il nesso di causa tra l’aggravamento della patologia e la condotta del sanitario, la struttura ospedaliera deve dimostrare di aver adempiuto esattamente alla prestazione o fornire la prova di una causa imprevedibile ed inevitabile che abbia impedito l’esatta esecuzione della prestazione sanitaria (Cass. sez. III, 23/02/2021, n.4864).

Concludendo, in tema di infezioni ospedaliere, la prova liberatoria in ordine al corretto adempimento deve essere soddisfatta sotto due specifici profili: 

  1. sul piano generale, quello relativo all’adozione, ai fini della salvaguardia delle condizioni igieniche dei locali e della profilassi della strumentazione chirurgica eventualmente adoperata, di tutte le cautele prescritte dalle vigenti normative e dalle leges artis, onde scongiurare l’insorgenza appunto di patologie infettive a carattere batterico; 
  2. sul piano individuale, quello relativo alla prestazione, ad opera del personale medico, del necessario e doveroso trattamento terapeutico valutando se, nel caso specifico, sia stata praticata una corretta terapia profilattica pre e post-intervento” (Corte di Cassazione, Sez. 3, Sentenza n. 4864 del 2021).

 

Avv. Andrea F. Scaccabarozzi