Responsabilità medica: attenti al consenso informato!

Forse non tutti conoscono l’importanza del consenso informato, ovvero di quelle indicazioni sulle controindicazioni di un intervento chirurgico, formalizzate in un documento e sottoscritte dal paziente.

Il consenso informato libera l’operatore sanitario dalle c.d. complicanze non prevedibili e/o prevenibili. In caso, quindi, di violazione delle linee guida o di imprudenza, negligenza o imperizia, la struttura sanitaria risponderà comunque dell’operato dei propri sanitari.

La Corte di Cassazione civile, sezione 3°, con la sentenza n. 1936/2023 ribadisce come sia necessario accertare il nesso causale tra l’omessa informazione ed il danno arrecato al paziente; nel caso specifico, si trattava di un intervento di sostituzione aortica addominale per aneurisma con tecnica OPEN. Dopo tale intervento il paziente ebbe gravi conseguenze che lo portarono ad avere danni permanenti e gravi.

Durante il processo emerse che tali complicanze erano rare ed imprevedibili ma i CTU giudicarono la tecnica operativa OPEN obsoleta per il trattamento degli aneurismi e che se si fosse usata la tecnica endovascolare EVAR, le complicanze si sarebbero evitate.

Si riscontrò pertanto una omessa ed incompleta informazione circa la possibilità di eseguire l’intervento con tecnica endovascolare e l’omessa informazione al riguardo non diede al paziente la possibilità della scelta terapeutica.

Il Tribunale di 1° grado condannò la struttura sanitaria al risarcimento, la parte convenuta ricorse in appello che fu rigettato.

La Cassazione, invece, ha accolto il ricorso sottolineando come fosse necessario accertare l’esistenza di un nesso causale tra l’omissione e il danno.

La Cassazione afferma come il nesso di causa debba essere “valido” e caratterizzarsi per efficacia, pienezza e capacità nell’unire il fatto (l’omessa informazione) alla sua conseguenza (danno lamentato).

In caso, quindi, di complicanza non descritta nel consenso informato, il paziente dovrà dimostrare il danno conseguenza e che, se correttamente informato, avrebbe rifiutato il trattamento sanitario.

Avv. Andrea F. Scaccabarozzi