Caso di malasanità: a chi rivolgersi?

Nel caso si sospetti di essere stati vittima di un caso di malasanità, cioè un errore medico che abbia cagionato un danno o addirittura la morte di una persona, è sempre opportuno rivolgersi ad uno società, associazione o ad un avvocato specializzato in materia di responsabilità medica.

Il primo passaggio da affrontare è sempre quello della valutazione medico legale.

Il paziente dovrà recuperare tutta la documentazione medica (comprensiva degli esami per immagini TAC / RX / RM) per sottoporla alla vaglio di un medico legale e di uno specialista di settore (ginecologo, oncologo, chirurgo, etc.).

Basta scorrere i siti internet degli ospedali che indicano  come richiedere le cartelle cliniche. Ad esempio, di seguito le istruzioni per richiedere la documentazione medica dell’ASST Melegnano e Martesana.

Questo primo step è di fondamentale importanza per capire si ci troviamo di fronte ad un caso di malasanità ed abbiamo diritto ad un risarcimento del danno.

Una volta acquisita la valutazione medico legale che abbia confermato una medical malpractice, cioè un caso di malasanità, sarà compito dell’avvocato formulare una richiesta di risarcimento del danno al medico e/o alla struttura ospedaliera.

L’avvocato potrà optare per una denuncia penale ovvero per una richiesta risarcitoria in ambito civile (soluzione preferibile).

L’azione penale è sconsigliabile in quanto, per dimostrare la colpa medica, sarà necessario provare, oltre ogni ragionevole dubbio, un nesso di causa tra l’errore del sanitario e l’evento danno (Cass. Pen. S.U. 30328/2002 cosiddetta “sentenza Franzese”).

In ambito civile vige invece il principio del “più probabile che non”, quindi sarà sufficiente dimostrare che l’errore / omissione del medico ha cagionato l’evento, secondo un criterio della prevalenza relativa della probabilità.

Ad esempio in casi di morte, se in ambito civile per ottenere un risarcimento del danno basterà dimostrare che l’errore medico ha cagionato l’evento, secondo un criterio statistico, sopra il 50%, secondo il principio della preponderanza dell’evidenza, in ambito penale il criterio sarà quello dell’altissima probabilità logica (100%), difficilissima da dimostrare.

Un caso concreto potrà chiarire il concetto.

In un recente caso di malasanità trattato dai legali di Melasanità, i parenti di una vittima deceduta a causa di un fecaloma non tempestivamente riconosciuto dal personale di un casa di riposo, sporgevano una denuncia presso il Tribunale di Cassino.

I periti nominati dal Pubblico Ministero sostenevano come non fosse possibile affermare “oltre ogni ragionevole dubbio” che la morte del paziente fossa attribuibile al ritardo nella prestazione dei soccorsi da parte del personale della casa di riposo.

Il caso veniva così archiviato.

In ambito civile, invece, la consulenza tecnica disposta dal Giudice ha permesso di affermare una responsabilità che ha almeno concausato il decesso del paziente, secondo la regola sopra citata del “più probabile che non”.

La richiesta di risarcimento del danno si sviluppa in due fasi: una prima fase cosiddetta bonaria o stragiudiziale ed una seconda di natura processuale.

La fase stragiudiziale si sostanzia in una trattativa con la struttura ospedaliera che può portare alla formulazione di un’offerta risarcitoria.

La fase processuale si sviluppa invece su due livelli.

Il primo è costituito da un tentativo di conciliazione che si può esperire con una mediazione oppure con un accertamento tecnico preventivo.

In caso di mancato accordo al termine dell’ATP, bisognerà introdurre una vera e propria causa di merito.

Melasanità vanta chiusure di contenziosi di malasanità con le aziende ospedaliere del 40% in fase stragiudiziale e del 60% nella fase processuale, con una percentuale di cause vinte superiore al 95%.   

Avv. Andrea F. Scaccabarozzi