Il caso di malasanità riguardava una signora di 73 anni, all’epoca del fatto, portatrice di un’ernia discale che comportava una difficoltà nel deambulare.
La signora M. eseguì un intervento di riduzione dell’ernia midollare presso l’istituto Carlo Besta di Milano.
Prima dell’operazione la paziente firmò un consenso informato del tutto generico.
La paziente quindi, ignara dell’esistenza di complicanze rischiose, decise di sottoporsi all’intervento che ebbe un infausto epilogo: la signora M. subì una paraparesi a causa di una lesione neurologica gravissima e irreversibile.
La signora M., con l’assistenza dell’Avv. Andrea Fabio Scaccabarozzi, depositò ricorso 696-bis c.p.c., al fine di accertare la corretta condotta operatoria e la mancanza di un valido consenso informato.
I Consulenti nominati dal Tribunale evidenziarono come i sanitari avessero operato secondo le regole dell’arte e che la paraparesi fosse l’esito di una complicanza, relativa ad un intervento delicato e rischioso.
Dal quesito venne espunta la valutazione sul consenso informato, in quanto di carattere strettamente giuridico e non demandabile ai Consulenti Tecnici.
Nonostante l’esito negativo dell’accertamento tecnico preventivo, la paziente decise ugualmente di agire in giudizio per la carenza di consenso informato circa i rischi operatori a cui si era sottoposta.
Ricordiamo che il consenso informato da parte del paziente costituisce uno degli obblighi contrattuali direttamente gravanti sul medico e sulla struttura sanitaria convenuta.
Il Giudice del Tribunale di Milano disponeva, quindi, un’integrazione di consulenza volta a stabilire il danno differenziale, ante e post intervento che veniva valutato dai consulenti in un danno biologico permanente del 40%.
In seguito a una proposta conciliativa formulata dal Giudice le parti si accordavano per un risarcimento di circa 290.000 euro.
Avv. Andrea F. Scaccabarozzi