La salute degli italiani tra cattivi stili di vita e crisi sanitaria

La salute degli italiani è a rischio a causa dei cattivi stili di vita e della poca prevenzione oltre alla crisi del sistema sanitario. Questo è quello che emerge dal nuovo Rapporto dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni giunto ormai alla sua XX edizione che ha impegnato 225 ricercatori distribuiti su tutto il territorio nazionale.

In Italia aumentano le cronicità e non migliora la prevenzione e a causa del sistema sanitario sotto-finanziato si rischia la tempesta perfetta, specie se i nostri dati si confrontano con quelli europei.

Occorre che la salute e la sanità diventino una priorità e bisogna che la popolazione diventi più consapevole di questa emergenza sanitaria, perché di frequente i cittadini si rendono conto del deficit assistenziale solo quando hanno un problema di salute. Si devono garantire al Servizio Sanitario Nazionale adeguati finanziamenti e supporto in tutte le regioni. Purtroppo le disuguaglianze regionali in termini di assistenza sanitaria sono aumentate nel tempo e determinano una forte spaccatura nel Paese in cittadini di serie A e cittadini di serie B.

I dati sono chiari, nel 2022 la spesa sanitaria pubblica si è attestata intorno a 131 miliardi (6,8% del PIL) e la spesa a carico dei cittadini a circa 39 miliardi (2% del PIL). I confronti internazionali evidenziano, nel 2020, che la spesa sanitaria dell’Italia, a parità di potere d’acquisto, si è mantenuta più bassa della media UE, sia in termini di valore pro-capite (2.609 euro vs 3.269 euro) che in rapporto al PIL.

L’Italia si pone al tredicesimo posto nella graduatoria dei Paesi UE per la spesa pro-capite, sotto la Repubblica Ceca e Malta e ben lontana da Francia (3.807 euro) e Germania (4.831 euro). Per la spesa sanitaria rispetto al PIL, invece occupa la decima posizione insieme alla Francia.

Per quanto riguarda l’analisi della mortalità evitabile riconducibile ai servizi sanitari (amenable mortality), nel periodo 2018-2019 era pari a 63,98 per 100.000 mentre era 65,53 nel biennio 2016-2017, questo mostra che nonostante la diminuzione del dato, è ancora molto alta la quota dei decessi attribuibili ai tumori e alle malattie cardiocircolatorie. Il 70% dei decessi evitabili registrati negli ultimi due anni è dovuto ai tumori maligni del colon e del retto (19,13%), alle malattie cerebrovascolari (17,96%), ai tumori maligni della mammella (16,88%) e malattie ischemiche del cuore (16,03%).

Queste morti si sarebbero potute evitare se le condizioni che li hanno causati fossero state intercettate prima con le campagne di screening.

Purtroppo l’emergenza sanitaria per la gestione del Covid-19 ha prodotto da una parte una riduzione dell’offerta di screening organizzato dalle ASL, dall’altra una riduzione delle adesioni da parte della popolazione, portando a un rallentamento nella prevenzione.

Fondamentale è anche l’analisi circa l’assistenza territoriale, in quanto è sul territorio che si disegna la sanità del futuro: le prime visite effettuate nel 2021 ammontano a 23 milioni e 600 mila ma il dato è ben inferiore ai livelli pre pandemici quando nel 2019 le prescrizioni erano circa 26 milioni e 700 mila.

Per quanto riguarda le visite specialistiche di controllo nel 2021 ne sono state erogate 25 milioni e 243.346 e di queste il 58% prescritte dal medico specialista; nel 2019 erano invece circa 32 milioni e 700 mila.

Lo studio fa anche una fotografia ben chiara della popolazione italiana. Gli italiani sono sempre più in sovrappeso (il 12% della popolazione, quasi 6 milioni di adulti, è obesa e in totale il 46,2% dei soggetti di età maggiore o uguale ai 18 anni è in eccesso ponderale) e sono anche poco attivi, con più di un terzo delle persone (33,7%) che ha dichiarato di non praticate sport o attività fisica nel tempo libero (30,3% degli uomini e il 36,9% delle donne). La sedentarietà dilaga anche tra i giovani.

Altro dato poco confortante riguarda la salute mentale degli italiani che sembrano sempre più depressi. A partire dagli anni 2011-2012 a livello nazionale il volume degli antidepressivi prescritti registrava un lieve aumento pari al +1,8% mentre più avanti l’aumento è stato più decisivo con valori che tra il 2017 ed il 2021 hanno registrato un +10,4%. Nel 2012 il consumo degli antidepressivi è stato di 44,6 DDD/1.000 ab die con un aumento del 2,4% rispetto al 2020.

Purtroppo anche la cattiva salute dell’ambiente in cui viviamo ci fa ammalare. Si è registrato che nel 2020, nelle acque superficiali sono stati trovati pesticidi nel 55,1% dei punti di monitoraggio. La maggior presenza di pesticidi la troviamo in Umbria (94,1%), Puglia (86,4%), Sicilia (81,6%), e superano il 70% Piemonte, Lombardia e Veneto.

 

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Dott.ssa Veronica Lupi